domenica, febbraio 24, 2008

Juno ed altre amenità

Per prepararmi adeguatamente alla notte degli Oscar ho appena visto "Juno", la pellicola indipendente che, dopo aver vinto il Festival di Roma, rischia di conquistare ben quattro delle preziose statuette (fra cui miglior film e miglior regia) che verranno distribuite domani sera.
Si tratta di un film delicato, gentile, che tocca corde sensibili con leggerezza; un film che racconta una storia particolare in maniera estremamente "normale", senza giudizi, senza soluzioni universali, ricette magiche o tragedie greche in stile hollywoodiano...mi è piaciuto molto e lo consiglio caldamente (soprattutto alle fanciulle).
Una delle cose migliori del film è senza dubbio l'interpretazione di Ellen Page, la giovanissima protagonista, così diversa dalle centinaia di teenager alla riscossa pompate a mille da disney channel che sono costretta a sorbirmi dalla mattina alla sera in questa casa, non a caso in lizza per l'oscar contro vari mostri sacri.

Quando leggo le storie di questi "enfants prodige" (Ellen ha un anno in meno di me), mi chiedo se le scelte fatte fino ad oggi siano state quelle giuste, se non abbia imboccato la strada sbagliata, se non mi sia lasciata sfuggire l'occasione di diventare altro da ciò che sto diventando. Ho la bocca, il naso, ma soprattutto le orecchie piene di dubbi che ronzano senza tregua.
Mi sembra che tutto stia correndo così in fretta e che, scelte rimandate a lungo, siano ormai state fatte dal tempo al mio posto...

Poi per fortuna, per puro caso, il lettore mp3 tira fuori una canzoncina sentita e ri-sentita mille volte durante uno spot molto famoso, ma ascoltata per la prima volta tre minuti fa:

"Feel the rain on your skin
No one else can feel it for you
Only you can let it in

No one else, no one else
Can speak the words on your lips
Drench yourself in words unspoken
Live your life with arms wide open
Today is where your book begins

The rest is still unwritten"

C'è speranza...forse.

In ogni caso un grande grazie a chi ha inventato la musica POP e questo genere di slogan consolanti!

Per il resto va tutto bene: curo i pargoli, ma soprattutto esploro, chiacchiero, mi guardo intorno, conosco altre au pair e faccio colazione nei tipici bar americani coi pensionati..insomma, mi sto acclimatando.

La foto che vi lascio è emblematica di ciò che gli Americani definiscono arte...

Baci e abbracci diffusi a tutti (e un grazie particolare al caro Jerome che si è ricordato di me nel suo blog...)
Love
Benni


martedì, febbraio 12, 2008

Nero con...bianco non tinge e il meritato predominio musicale americano!

Ieri, tornando dalla spiaggia, ho avuto la fortuna di trovare uno dei rari autobus che passano da queste parti; ho caricato il mio potente mezzo sul comodo porta-bici attaccato al muso del bus, ho pagato il biglietto e mi sono guardata intorno. Ero l'unica bianca. Tutti i miei compagni di viaggio, per lo più donne afro-americane, tornavano dai grandi alberghi di lusso di South Beach dopo l'ennesima usurante domenica di lavoro.

Da quando sono qui l'impressione è che il grande modello americano di integrazione sia un po' un falso mito, almeno da queste parti. Bianchi coi bianchi, neri coi neri, latinos con latinos, ebrei ortodossi (una comunità enorme a Miami) con ebrei ortodossi. Di coppie miste credo di averne viste (non conosciute, ma solo viste) due in più di venti giorni. Appena sono arrivata la mia famiglia mi ha ingiunto si stare attenta perchè "nonostante il nostro sia un ottimo quartiere, qui vicino il neighborhood è black...". La scuola pubblica della figlia maggiore è nella zona di little havana, la più latina di questa città dove il 60% delle persone parla, comunque, come prima lingua lo spagnolo, ma la bambina non frequenta nessuno dei suoi compagni al di fuori del contesto scolastico. Solo vicini di casa (quelli bianchi) o figli di amici.
Le comunità non hanno momenti o opportunità di dialogo. Gli ispano e gli afro-americani di solito lavorano per i bianchi. La relazione finisce qui.
Ma non è solo una questione di posizione sociale; la differenziazione etnica si pone come problema trasversale, al di là delle barriere di "classe: i ricchi neri stanno coi neri, e i poveri bianchi stanno coi bianchi, per intenderci.
Ovunque ci sono scritte in inglese, in spagnolo e addirittura in creolo; anche questi clivages linguistici non aiutano.

Guardando le cose da questa prospettiva si capisce davvero perchè Barack Obama rappresenti una novità reale. Certo, le cose non si cambiano con la bacchetta magica; queste divisioni sono ormai cristallizzate e solide e non basterà un presidente di colore per attenuarle. Ma sarebbe un riconoscimento importante che andrebbe ben oltre il mese della "black history" in corso in questo momento o il posto dedicato a Rosa Parks sugli autobus...

Al di là di queste considerazioni, che oltre un certo limite nuociono gravemente alla salute, ieri sera mi sono goduta tre ore e mezzo di Grammy Awards: su questo non c'è niente da dire amici, Americans do it better!
E' stata davvero una serata esaltante, fra commemorazioni di vecchi grandi artisti, performance di nuovi e duetti inimmaginabili; chi avrebbe mai messo l'apparentemente cattivissimo kid rock a cantare, e bene, con la settantacinquenne prima vincitrice di un grammy 50 anni fa? Dove la trovi Tina Turner che a 200 anni canta e balla insieme a Beyoncé divertendosi ancora come una ragazzina fasciata da un'imbarazzante tutina argentata? O Alicia Keys che duetta con l'ologramma di Frank Sinatra? O Aretha, la grande, infinita, meravigliosa Aretha che si esibisce con un meraviglioso coro gospel? E la mitica Amy Winehouse che canta via satellite perchè non le hanno dato il visto, ma poi si cucca tutti i premi più importanti (sottolineo che io l'ho scoperta quando ancora non la conosceva nessuno...ehm!)??? O Kanye West con la lacrimuccia mentre rappa la canzone per la mamma morta?

Una vera festa della musica (non solo pop e commerciale, ma anche black, jazz, indie, rock, country e chi più ne ha più ne metta), del glamour e anche della kitscheria americana che si è conclusa nel più bel modo, ovvero con un finale completamente inaspettato visto che il premio per il miglior album dell'anno, invece di andare alla già titolatissima Amy o a qualche sgallettato artista da classifica, è stato assegnato al compositore e musicista jazz Herbie Hancock che, con le sue misere 40000 copie vendute, tutto si aspettava meno che ricevere questo riconoscimento! E invece...

Baci e abbracci diffusi a tutti
Benni

domenica, febbraio 03, 2008

nelle auto prese a rate, dio è morto...


Oggi siamo andati a comprare (anzi a prendere in leasing) la nuova auto decappottabile per Mr. Christophe, il papà della mia famiglia "adottiva".
La prima impressione che si ha arrivando qui è di trovarsi in un rigoglioso deserto costellato da grandi, moderne e profane (ma forse no) cattedrali: i negozi.

Lo scopo principale è VENDERE, non importa cosa, a che prezzo, in che modo. Non importa che siano auto, hamburger, assicurazioni, medicine, piscine, arricciacapelli, robot per la casa...ciò che conta è vendere e, chiaramente, comprare.
L'impatto è piuttosto scioccante soprattutto quando la persona che ti ospita in casa, gentile, intelligente, brillante, davvero in gamba, invece di indicarti il museo o la spiaggia più vicini, ti segnala il miglior centro commerciale della zona!
Può sembrare uno scherzo o un'esagerazione, ma è cosi, e vi assicuro che NON si tratta della tipica grassona americana con cheeseburger che spunta dalle orecchie e rutto incluso o della maniaca del fitness con labbra rifatte e chiwawa da borsetta da telefilm americano...
Qui l'acquisto assume proprio un valore sociale, culturale, ha quasi una sua sacralità (per questo forse i negozi nn sono cattedrali "profane"): se effettuato, rappresenta una parte importante della giornata, se no, un'opportunità mancata o un momento che si aspetta con fervore, con ansia.

Naturalmente Miami, e tanto meno gli USA credo, non sono solo questo e ci sono mille altre cose che mi hanno colpito in queste due prime settimane e che magari vi racconterò più avanti: dalla smisurata grandezza della città e della spiaggia (che sembra non finire mai e, nonostante le splendide e calde giornate di sole, è sempre incredibilmente vuota), alla diversità di ritmi e di stili di vita della famigliola presso cui faccio, brillantemente, la baby-sitter, rispetto a quelli "mediterranei" a cui siamo abituati noi...e tante altre cose insomma!

Ci sarà tempo, per ora accontentatevi di questi primi e disordinati pensieri!

Un abbraccio forte
p.s. la foto non c'entra tanto con tutto il discorso, ma mi piaceva!se volete vedere le altre andate su http://caccadaurlo.spaces.live.com/